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LA DISABILITA’ IN CONDOMINIO: il principio di solidarietà condominiale
 
Trib. di Velletri sent. 345 del 22 Febbraio 2023
 
 
Le tante parole spese nel corso degli anni dai media, sul principio della solidarietà sociale, cardine di una società civile ed “umana”, talvolta non vengono correttamente percepite dalle compagini condominiali interessate esclusivamente al soddisfacimento dei loro interessi personali. Il principio di solidarietà tra i condomini, di chiara matrice pubblicistica, richiede il necessario contemperamento con i principali interessi sociali, tra i quali deve necessariamente includersi anche quello riguardante la tutela  delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche. Il predetto diritto fondamentale, che prescinde dall’effettiva utilizzazione da parte dei disabili, ha lo scopo di bilanciare le esigenze delle persone più deboli con quelle legate all’esercizio del diritto di proprietà da parte degli altri soggetti.  
 
Si tratta quindi di un diritto fondamentale che conferisce legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, se non ad eliminare del tutto, almeno ad attenuare sensibilmente, le condizioni di disagio nell’accessibilità al fabbricato e nella fruizione delle parti comuni dell’edificio. Questo tipo di previsione si può legare, inoltre, al principio più ampio dell’«accomodamento ragionevole» previsto dall’articolo 2 della Convenzione Onu sui “Diritti delle persone con disabilità” che lo identifica con modifiche e adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, sulla base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
 
La normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche è nata con specifico ed espresso riferimento alle persone con disabilità ma con il tempo è intervenuto un sensibile cambiamento che ha portato a riconoscere la stessa tutela anche a soggetti con difficoltà motorie, come gli anziani, anche se privi di disabilità specifiche.
 
 
Trib. di Velletri Sent. 345 del 22 Febbraio 2023
 
La sentenza sopra citata trae origine dall’impugnazione di una delibera assembleare in cui la compagine condominiale negava la possibilità a due condomine disabili di installare un ascensore (nello specifico una piattaforma elevatrice) perché ciò avrebbe avuto un impatto insostenibile sull'aspetto architettonico condominiale o comunque sull'utilizzo degli spazi comuni.
 
I giudici laziali hanno sentenziato che l'accesso agli spazi comuni e l'abbattimento delle barriere architettoniche sono diritti fondamentali per le persone disabili e un condomino disabile ha il diritto di installare, a proprie spese, un ascensore (come ad esempio una piattaforma elevatrice) anche contro la volontà della maggioranza degli altri condomini.
 
Quanto sopra deriva dalla maggiore tutela che deve essere riconosciuta ai soggetti più disagiati, al fine di garantire, comunque e sempre, la possibilità di fruire liberamente degli spazi comuni, finanche per accedere più comodamente alla propria abitazione.
 
A sostegno ulteriore della decisione assunta, il giudice del merito ha ricordato come la stessa disciplina codicistica sia stata concepita dal Legislatore della riforma del 2012 in considerazione del fatto di favorire in ogni modo la realizzazione delle cosiddette innovazioni sociali indicate nell’art. 1120 II comma C.c.; il predetto articolo consente ai condòmini di deliberare le innovazioni finalizzate all’eliminazione delle barriere con la maggioranza agevolata di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice civile (maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio), al posto di quella più ampia richiesta dall’articolo 1136, al quinto comma (richiamata dal primo comma dell’articolo 1120 del codice civile), pari alla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno i due terzi del valore dell’immobile.
 
L’analisi alla base della tutela - da parte del disabile - di esercitare il pieno esercizio del diritto di proprietà e conseguentemente per il raggiungimento di tale pieno diritto, anche attraverso l’eliminazione degli ostacoli che possano impedire il raggiungimento dello stesso, di fatto deve considerarsi una condizione essenziale proprio l’accessibilità dell’edificio e la reale abitabilità dell’appartamento del soggetto interessato, e, come tale, l’abbattimento delle eventuali barriere rientra a pieno titolo nell’ambito dell’esercizio legittimo dei poteri spettanti ai singoli condòmini, ai sensi dell’articolo 1102 del codice civile.
” articolo pubblicato sulla rivista NT Condominio del Sole 24 ore per conto di Gesticond”
         


 
 
 
IL  COMPENSO  DELL’AMMINISTRATORE  DI CONDOMINIO: nuove limitazioni da considerare
 
La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 17713 del 21 Giugno 2023  ha disposto una severa stretta sui compensi degli amministratori di condominio: senza l’approvazione del consuntivo da parte dell’assemblea il credito vantato dall’amministratore non può considerarsi liquido ed esigibile
 
 
I termini della questione
 
 
Il Tribunale di primo grado aveva accolto positivamente la domanda dell’ex amministratore di condominio volta alla condanna del condominio al pagamento dei compensi maturati in due gestioni annuali. I giudici della Corte di appello avevano, invece, accolto l’impugnazione proposta dal condominio in quanto l’assemblea non aveva approvato i rendiconti delle predette gestioni per alcune irregolarità. Gli eredi dell’amministratore avevano proposto ricorso per Cassazione e gli ermellini avevano nuovamente respinto la richiesta di condanna del condomino al pagamento del corrispettivo dell’ex
 
amministratore. I giudici di legittimità, in primo luogo, hanno ribadito come il contratto di amministrazione di condominio sia riconducibile ad un rapporto di mandato che si presume a titolo oneroso.  Il diritto del mandatario al compenso, però, è condizionato alla presentazione al mandante del
 
rendiconto del proprio operato; l’art. 1713 c.c. obbliga,infatti, il mandatario a rendere conto della propria gestione e a consegnare al mandante tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.  Analogamente, in ambito condominiale, è previsto che l’assemblea sia esclusivamente competente alla previsione e alla ratifica delle spese condominiali. Secondo la Suprema corte, quindi, in mancanza di un rendiconto approvato dall’assemblea il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile e pertanto l’amministratore non può esigere il rimborso né delle anticipazioni effettuate né tanto meno del suo compenso.
 
In questi termini, però, l’assemblea condominiale potrebbe abusare dei propri poteri e rifiutare arbitrariamente di procedere all’approvazione del consuntivo. L’amministratore, però, in questo caso, potrà provare in modo scrupoloso l’attività di gestione effettivamente svolta nei confronti del condominio sia nell’an che nel quantum. Da quest’ultimo punto di vista si potrebbe anche fare riferimento alle condizioni economiche usualmente praticate nella zona in cui si trova l’edificio condominiale (l’art. 1709 c.c. prevede che la misura del compenso, ove non stabilità dalle parti, sia determinata in base alle tariffe professionali o agli usi).
 
In questi casi diventa necessario l’obbligo legale dell’amministratore di specificare analiticamente al condominio l’ammontare del proprio compenso in modo da rendere possibile un confronto  tra le varie proposte e poter poi verificare il rispetto degli accordi presi al momento della presentazione del rendiconto.  
 
In mancanza di una chiara informativa sui costi la delibera di nomina potrebbe essere contestata dai condomini e dichiarata nulla in giudizio, facendo venir meno il diritto dell’amministratore al compenso.
 
Sotto tale ultimo profilo non è sufficiente che il dato del compenso sia desumibile aliunde con apposita operazione ermeneutica, ad esempio dal consuntivo approvato dalla medesima assemblea. Giurisprudenza di legittimità (una per tutte Cass. 2274/2022 n. 12927) afferma che la deliberazione assembleare di nomina dell’amministratore è nulla se non reca espressa indicazione del compenso pattuito, oppure alla stessa risulti allegato e richiamato un documento approvato dall’assemblea dal quale risulti l’elemento essenziale della analitica specificazione dell’importo dovuto al professionista prescelto a titolo di compenso: tale indicazione non può, invece, essere desunta dall’approvazione del rendiconto, se di tale dato non si faccia espressa menzione, anche per rinvio, nella delibera di nomina. In assenza di tali parametri la nomina non potrà che incorrere nel vizio di nullità ex art. 1129 comma 14 c.c., in ragione della sua idoneità ad incidere negativamente sulla sfera patrimoniale dei condomini per effetto di un’altrui mera determinazione volitiva, la deliberazione con cui l’assemblea condominiale abbia nominato l’amministratore senza stabilire il relativo compenso, la cui quantificazione sia stata rinviata a successiva indicazione del designato e senza prevedere l’adozione di un’ulteriore delibera.  
” articolo pubblicato sulla rivista NT Condominio del Sole 24 ore per conto di Gesticond”
        

 
L’AMMINISTRATORE USCENTE DEVE PROVARE GLI ANTICIPI DI SPESA
 
Una recente sentenza del Tribunale capitolino (Tribunale di Roma, 9 Maggio 2023 n. 7254) offre lo spunto per un approfondimento in ordine al tema dell’onere della prova dell’amministratore uscente per quanto attiene gli anticipi di spesa da lui effettuati nel corso della sua gestione.
 
L’art. 1129 del codice civile dispone che l’incarico di amministratore abbia durata di un anno e si intenda rinnovato per eguale durata; alla cessazione del predetto incarico, l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire tutte le attività urgenti, al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi.
 
L’amministratore uscente, pertanto, è chiamato ad un obbligo di rendiconto, così come confermato dall’art. 1713 del codice civile: la norma dispone che il mandatario debba rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato stesso.
 
La norma impone un obbligo da parte del mandatario di rendere conto del suo operato nei confronti del mandante, e pertanto, sulla base di ciò e del combinato disposto degli artt. 1129 c.c. e 1130 cc comma 1, l’amministratore debba redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea relativa all’approvazione entro centottanta giorni.
 
Sulla base di quanto sopra affermato, pertanto, le anticipazioni di spese relative alla conservazione ed alla gestione del condominio fatte dall’amministratore uscente allo scopo di coprire un disavanzo di cassa devono essere provate dal detto professionista che ha l’onere di precisare quali pagamenti abbia effettuato nell’interesse del condominio.
 
Secondo la sentenza del Tribunale capitolino:”…l’onere probatorio dell’amministratore, tuttavia, deve coordinarsi con la particolare natura dell’incarico gestorio svolto e del soggetto mandante atteso che l’amministratore di condominio non ha-salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e dall’art. 1135 cod. civ. in tema di lavori urgenti- un generale potere di spesa, in quanto spetta all’assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore”.
 
Infatti, sempre secondo quanto disposto nella predetta sentenza, l’amministratore può ottenere il rimborso degli anticipi solo se è in grado di dimostrare di aver provveduto agli esborsi sostenendoli con le proprie risorse: questa prova è fondamentale, in mancanza, l’amministratore non avrà diritto ad alcun rimborso.
 
L’amministratore deve anche dimostrare che gli eventuali esborsi, dallo stesso effettuati durante il suo mandato, erano urgenti e necessari e pertanto non v’era possibilità di convocare prima l’assemblea per ottenere l’autorizzazione alla spesa; al contrario, se si dovesse trattare di una spesa priva dei caratteri dell’urgenza e della necessità, all’amministratore non spetterebbe alcun rimborso.
 
L’amministratore, per poter richiedere il rimborso degli anticipi effettuati durante il suo mandato, deve fornire alla compagine condominiale una documentazione precisa e dettagliata che comprenda: l’ammontare del credito effettivamente vantato, la natura delle spese, il momento in cui le ha sostenute, l’utilizzo esclusivo di fondi propri e la spiegazione della provenienza dei prelievi effettuati. Se l’amministratore non fornisce la prova degli esborsi, e quindi non fornisce una documentazione precisa, dettagliata e puntuale, non avrà diritto ad alcun rimborso.
 
Tutto ciò in considerazione del fatto che l’amministratore non ha un generale potere di spesa in quanto spetta sempre alla compagine condominiale il compito di approvare il rendiconto valutando l’opportunità delle spese sostenute. Egli, quindi, deve precisare quali siano i pagamenti sostenuti dimostrando che le spese sono state effettuate nell’esclusivo interesse del condominio e nei limiti dei suoi poteri o su autorizzazione assembleare, o di iniziativa propria, ma ottenendo ovviamente ratifica nella prima assemblea utile.
 
In difetto di tutto quanto sopra evidenziato, non sorge alcun diritto al rimborso non potendosi verificare se gli anticipi afferiscano o meno ad una legittima azione gestoria.
 
Nella sentenza ad oggi riportata viene rilevato, altresì, che il mero disavanzo, ossia un risultato di segno negativo, costituisca prova dell’anticipazione: la giurisprudenza ha chiarito che anche se il disavanzo in bilancio venisse approvato non ne deriverebbe di per sé il riconoscimento di un credito in capo all’amministratore, perché ciò non dimostrerebbe che sia stato questi ad anticipare somme corrispondenti a tale disavanzo.
 
Il principio affermato dal Tribunale di Roma nella sentenza del 9 Maggio 2023 n. 7254 si può così riassumere: in tema di responsabilità dell’amministratore di condominio uscente, sugli anticipi di spesa da lui effettuati durante il suo periodo di gestione, si prevede che lo stesso potrà recuperali solo e soltanto se rispetterà il preciso e dettagliato onere probatorio posto a suo carico.
” articolo pubblicato sulla rivista NT Condominio del Sole 24 ore per conto di Gesticond”
            

 
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