altri - ASSOCOND

Vai ai contenuti

altri

Articoli
IMPUGNAZIONE DELL'ASSEMBLEA

E' noto che in ambito condominiale le decisioni vengono assunte a maggioranza. È quasi impossibile, infatti, raggiungere l'unanimità e la gestione del fabbricato non può essere paralizzata dal dissenso o dal disinteresse della minoranza.
Quest'ultima, però, ha il diritto di impugnare l'assemblea qualora ritenga che non siano state rispettate le regole stabilite dalla legge in materia.
È ciò che accaduto anche nella vicenda esaminata dal Tribunale di Roma e culminata con la sentenza n. 17752 del 15 novembre 2021, dove, però, è stato giudicato un caso particolare. Nello specifico si è discusso, infatti, della discrezionalità dell'assemblea e della possibilità, per un magistrato, di valutare il merito di un deliberato.
Insomma, si è risposto a questa domanda: il giudice può invalidare una decisione inopportuna assunta dalla maggioranza dei condòmini, nonostante sia stata espressa senza alcuna sostanziale violazione di legge?

Prima di sciogliere questo dubbio, vediamo cosa è accaduto in questo condominio romano.
Eccesso di potere dell'assemblea o dell'amministratore di condominio
Discrezionalità assemblea e impugnabilità: il caso concreto
Con una decisione presa nel corso di un'assemblea del febbraio del 2017, la maggioranza aveva deciso di eseguire dei lavori di ristrutturazione di un locale comune, allo scopo di adibirlo ad autorimessa a servizio della collettività.
Nel dicembre del 2018, però, l'assemblea ritornava sulla propria decisione annullando il deliberato precedente e abbandonando l'idea di trasformare il predetto locale.
Le ragioni di tale dietro front erano molteplici. Per i lavori di trasformazione erano, infatti, necessari ben 250.000 euro. Inoltre, il vantaggio acquisito non sarebbe stato ottimale, visto che si sarebbero ricavati soltanto 38 posti auto a fronte di ben 63 appartamenti. Insomma, il rapporto costi/benefici dell'operazione non era proprio dei migliori. Per questo motivo, l'assemblea aveva cambiato idea.
Uno dei proprietari dissenzienti, però, decideva d'impugnare l'assemblea contestandone la nullità.
In particolare, secondo l'attore, si era trattato di un provvedimento senza alcuna utilità per coloro che l'avevano votato oltreché pregiudizievole per la minoranza. Era stato, infatti, impedito di utilizzare un locale comune per parcheggiare, a titolo gratuito, la propria vettura. A riprova del danno, l'attore invocava il costo per affittare un posto auto all'esterno del fabbricato.
Insomma, per l'anzidetto proprietario si era di fronte ad un vero e proprio atto emulativo, visto che il deliberato non aveva avuto altro scopo se non quello di nuocere o arrecare molestia ad altri (Art. 833 c.c.). Per questo motivo, era nullo.
Il Tribunale di Roma, ascoltate le difese del condominio, ha rigettato integralmente la domanda proposta e ha condannato l'attore al pagamento delle spese di giudizio.
Invalidità assemblea e presupposti
In moltissime pubblicazioni è stato già affrontato il tema dei vizi dell'assemblea. È noto, perciò, in quali casi è possibile invalidare un deliberato e se il difetto della decisione può condurre all'annullabilità o alla nullità del provvedimento.
Sappiamo, quindi, che una riunione in cui si è espressa una maggioranza in difetto di quella precisata dalla legge conduce all'annullabilità dell'assemblea, invocabile dai dissenzienti o dagli assenti alla convocazione. Oppure, siamo consapevoli che una votazione espressa sul pianerottolo del fabbricato, senza alcuna preventiva riunione e successiva verbalizzazione, è certamente nulla.
Al di là, però degli esempi anzidetti, ci si chiede se possa rientrare nell'ambito dell'invalidità di un'assemblea anche una decisione assunta con eccesso di potere. In altri termini, si potrebbe contestare una decisione formalmente ineccepibile, ma del tutto inopportuna?
Secondo il Tribunale di Roma la risposta è positiva, ma solo a determinate condizioni.
Pubblicato da Avv. Marco Borriello (Condominioweb) i·
           

DISTACCO IMPIANTO CENTRALIZZATO

Con la modifica della materia condominiale, avvenuta con legge 220/2012 è stato espressamente previsto che «il condomino può rinunziare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini». Il condomino rinunziante, purchè abbia dimostrato dal punto di vista tecnico, che il proprio distacco dall’impianto centralizzato non abbia causato gravi squilibri e notevoli aggravi agli altri condòmini, è, comunque, tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma
La pronuncia capitolina:
La sentenza 18733 pubblicata dal Tribunale di Roma il 30 novembre 2021 è tornata ad occuparsi di un argomento mai caduto in disgrazia. Spesso, infatti, si controverte sulle spese richieste dal condominio al condomino che si sia distaccato dall'impianto di riscaldamento centralizzato. In giurisprudenza, si è ormai consolidato il principio secondo cui è nullità la clausola regolamentare che avesse vietato il distacco da parte del condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato così come è affetta da nullità la delibera che avesse respinto sul punto la richiesta del condomino distaccante (è questo il caso in cui la delibera è nulla per contrarietà dell’oggetto a norme imperative).
La causa nasceva a seguito di impugnativa di delibera assembleare ai sensi dell’articolo 1137 del Codice civile che, secondo l'attrice, negava il diritto della stessa al distacco dall’impianto di riscaldamento. Emergeva in giudizio che la condomina si fosse munita di idonea documentazione tecnica ed, in particolare, di una consulenza tecnica di parte, anche sottoposta all’assemblea dei condomini, che aveva escluso che l’attività di distacco operata dalla predetta condomina potesse arrecare nocumento economico ai condòmini. Né d’altra parte, si legge nella sentenza 18733/2021, il condominio convenuto ha dimostrato il contrario sul punto in esame.
Il rifiuto al distacco:
«Dalla lettura del verbale assembleare, i condomini si sono limitati a respingere la richiesta di distacco senza motivarne il fondamento», senza alcuna contestazione dell’elaborato peritale offerto dalla parte attrice, sul solo presupposto che «il vigente regolamento depositato vieta espressamente il distacco centralizzato di riscaldamento».Per quanto emerso, la condotta del condominio era da ritenersi censurabile. Secondo il Tribunale di Roma, infatti, «il rifiuto come manifestato ed evidente dal verbale di assemblee è nullo e sussiste il diritto del la parte attrice al distacco, distacco accertato e non contestato sin dal 2003 a causa del malfunzionamento dell’impianto condominiale».
Ne segue che la domanda veniva accolta integralmente con dichiarazione di nullità della delibera nella parte in cui era stato approvato il consuntivo del riscaldamento ed erano sono state poste a carico della condomina attrice le somme a titolo di consumo, di riscaldamento, anche queste espressamente escluse dalla normativa modificata prevista dall’articolo 1118 ultimo comma del Codice civile. Per l'effetto di tale motivazione, il condominio convenuto veniva dichiarato «tenuto alla restituzione delle somme percepite dalla condomina indebitamente a titolo di oneri condominiali relativi al consumo di riscaldamento (e trattasi di indebito oggettivo), in quanto la norma ha previsto che, in caso di verifica positiva del distacco dall’impianto centralizzato da parte della condomina, le spese cui la stessa è tenuta sono relative alla manutenzione dell’impianto, alla sua messa a norma e sua conservazione».
Pubbblicato da Selene Pascasi (il sole 24 ore)
            
CONVOCZIONE ASSEMBLEA NULLA

Ogni condomino ha il diritto d'intervenire in assemblea e, perciò, va messo nella condizione di poterlo fare. L'avviso di convocazione, allora, non dovrà essere solo inviato ma anche ricevuto almeno cinque giorni prima della riunione tenuto conto che la data della prima convocazione è il giorno fino al quale contare.

Ne consegue che la mancata conoscenza di tale data da parte dell'avente diritto, entro il termine previsto dalla legge, costituisce motivo di invalidità delle delibere. Ciò a nulla rilevando, perché possa dirsi tempestivo l'avviso, né la data di svolgimento dell'assemblea in seconda convocazione e né che la data della prima fosse stata eventualmente già fissata dai condòmini in un momento precedente all'invio degli avvisi. Lo scrive il Tribunale di Vicenza con sentenza 1623 del 10 agosto 2021.
La vicenda
Sono alcuni proprietari a citare il condominio impugnando il verbale dell'assemblea tenutasi in seconda convocazione e delle delibere assunte, deducendone l'annullabilità per mancata convocazione entro il termine di legge. Con l'occasione, chiedono la nomina di un amministratore giudiziale e la sospensione dell'efficacia esecutiva delle decisioni che riguardavano, tra l'altro, l'incarico all'amministratore e l'approvazione delle tabelle millesimali e del bilancio consuntivo. Superate questioni di tipo procedurale, il Tribunale accoglie l'istanza di annullamento della delibera per omesso rispetto del termine di convocazione.
Per costante orientamento di Cassazione, ricorda richiamando la pronuncia 22047/2013 , l'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del Codice civile deve essere interpretato nel senso che ogni condomino ha diritto d'intervenire in assemblea e deve quindi esser messo in condizione di poterlo fare. Viene, inoltre, affermata la necessità che l'avviso di convocazione sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, stabilito dalla norma, di almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza avendo riguardo, come giorno finale, alla riunione dell'assemblea in prima convocazione.
L’atto di convocazione
Ecco che, la mancata conoscenza di tale data da parte dell'avente diritto, entro tale termine, costituisce motivo di invalidità delle delibere assembleari senza che possa influire, ai fini della tempestività dell'avviso, né la data di svolgimento dell'assemblea in seconda convocazione, né che la data della prima convocazione fosse stata eventualmente già fissata dai condòmini prima dell'invio degli avvisi. Peraltro, la giurisprudenza afferma che l'avviso di convocazione è atto unilaterale recettizio cui si applica la presunzione di conoscenza per cui l'onere della prova posto a carico del mittente riguarda, in quel contesto, solo l'avvenuto recapito all'indirizzo del destinatario salva la prova fornita da parte dello stesso destinatario dell'impossibilità di acquisirne effettiva conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà.
Così, qualora la convocazione sia inviata con lettera raccomandata non consegnata per assenza del condomino o di persona abilitata a riceverla, essa coinciderà con il rilascio da parte dell'agente postale dell'avviso di giacenza del plico presso gli uffici di riferimento. Avviso, infatti, idoneo a consentirne il ritiro. Ebbene, nella vicenda, calcolando le date di spedizione dell'avviso e di consegna, mentre per una posizione la comunicazione era addirittura inesistente, per le altre i termini non risultavano rispettati e la delibera impugnata era conseguentemente illegittima. D'altra parte, l'articolo 1136 comma 6 del Codice civile vuole che l'invito sia rivolto a tutti i condòmini sicché nell'ipotesi in cui un immobile abbia più comproprietari – ipotesi ravvisata nella fattispecie – andranno tutti convocati, pur potendo indicare uno di essi quale rappresentante per la riunione. Si spiegano bene, pertanto, i motivi per cui il Tribunale di Vicenza accoglie la domanda dei proprietari annullando la delibera impugnata.
Selene Pascasi (il sole 24 ore)  

           
CONSULENZA TECNIC PREVENTIVA OBBLIGATORIA

L'art. 696-bis c.p.c. mette a disposizione delle parti un importante strumento di risoluzione delle controversie: la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.
Questo metodo di conciliazione si caratterizza per l'intervento di un consulente nominato direttamente dall'autorità giudiziaria per l'accertamento e la relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata (o inesatta) esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito.
Per espressa previsione legislativa Al consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, spetta anche di tentare la conciliazione delle parti, ove possibile.
In pratica, la consulenza tecnica preventiva contemplata dall'art. 696-bis c.p.c. serve a evitare di instaurare un lungo e costoso contenzioso tutte le volte in cui la questione sia sostanzialmente risolvibile con l'intervento di un esperto che provveda a determinare l'an o il quantum (o entrambi) del diritto fatto valere.
Si pensi, ad esempio, alla consulenza tecnica preventiva esperita in tema di quantificazione di un illecito la cui responsabilità è attribuita già in maniera certa.
Il rimedio della consulenza tecnica preventiva può essere esperito anche in ambito condominiale. Il Tribunale di Bari, con una sentenza del 16 novembre 2021, ha rammentato le condizioni che giustificano il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina di un CTU che faccia anche da paciere.
Come si vedrà, il Giudice pugliese ha posto un argine all'abuso del ricorso ex art. 696-bis c.p.c., molte volte impiegato per sottoporre al consulente questioni molto complesse che, in realtà, meriterebbero una disamina nella più consona sede del giudizio di cognizione.
Vediamo dunque quali sono le condizioni di ammissibilità della consulenza tecnica preventiva.
Danni da infiltrazioni: il ricorso contro il condominio
Nel caso affrontato dal Tribunale di Bari uno dei condòmini proponeva ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ. affinché venisse accertata la responsabilità del Comune, del condominio e del proprietario dell'immobile confinante per i danni provocati ad alcuni costosi strumenti musicali.
Nella fattispecie, detti strumenti subivano importanti danni a causa delle infiltrazioni d'acqua che, secondo il ricorrente, sarebbero state causate dalla cattiva manutenzione dell'edificio, dall'abusivo abbassamento della finestra della cantina adiacente (che avrebbe favorito l'ingresso dell'acqua) nonché dalla pendenza della strada comunale, dall'esigua altezza del suo marciapiede e dall'assenza di caditoie stradali e griglie.
In pratica, il giudizio per la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite veniva promosso per verificare le cause dell'allagamento e la quantificazione dei danni arrecati.

Pubblicato da Avv. Mariano Acquaviva (condominioweb)
Fonte: https://www.condominioweb.com/consulenza-tecnica-preventiva-condizioni-di-ammissibilita.18696
          
La convocazione dell’assemblea a mezzo e-mail ordinaria rende la delibera annullabile

Il Tribunale di Roma, con la sentenza 12727/2021, pubblicata il 23 luglio 2021 dichiara che è annullabile la delibera condominiale se l'avviso di convocazione dell'assemblea è stato spedito tramite posta elettronica ordinaria in quanto tale strumento non conferisce certezza alla comunicazione perché, a differenza della posta elettronica certificata non dimostra l'effettivo recapito del messaggio al destinatario.
La consuetudine di inviare a mezzo e-mail gli avvisi di convocazione dell'assemblea, ha concluso il giudicante, non è sufficiente a far ritenere superato l'onere della prova che incombe sull'amministratore circa l'effettiva ricezione dell'avviso da parte dei soggetti che hanno il diritto di partecipare all'assemblea, nel caso di contestazione della ricezione da parte di questi ultimi.

La vicenda
Alcuni condòmini agivano in giudizio contro il proprio condominio chiedendo al Tribunale che venisse annullata una delibera con la quale l'assemblea aveva approvato i bilanci consuntivi relativi a due annualità, il bilancio preventivo e nominato un nuovo amministratore. I condòmini deducevano, fra i vari motivi dell'impugnazione, l'illegittimità della delibera sostenendo di non essere stati convocati all'assemblea. Costituendosi in giudizio, il condominio nel sostenere la legittimità della delibera impugnata, chiedeva l'integrale rigetto della domanda dei condòmini evidenziando che l'assemblea era stata convocata a mezzo e-mail e che tale modalità di convocazione era stata accettata da tutti i condòmini ed era in uso da anni.

La decisione
La delibera impugnata è stata ritenuta viziata dal Tribunale che, accogliendo la domanda dei condòmini, l'ha annullata. Nel caso di specie, ha evidenziato il Tribunale, avendo il condominio sostenuto che la convocazione era stata effettuata a mezzo e-mail ed avendo i condòmini impugnanti contestato l'avvenuta ricezione, nessuna prova era stata fornita dall'amministratore dalla quale risultava che i condòmini avessero espresso la volontà di ricevere le convocazioni dell'assemblea con la posta elettronica ordinaria, né era stato depositato alcun regolamento di natura contrattuale contenente l'accettazione da parte dei condòmini di riconoscere al mero invio dell'e-mail l'effetto di ritenere pervenuta la convocazione. Il giudice capitolino, pertanto, ha ritenuto che l’invio avrebbe potuto essere valido se non fossero sopraggiunte contestazioni

Argomentazioni
Nonostante le decisioni del giudice capitolino, ed alcune simili pronunciate da altri tribunali, è doveroso ricordare che la modalità di convocazione dell'Assemblea, sia essa ordinaria o straordinaria, viene dettata dall'art. 66 disp. att. c.c., il quale al suo 3° comma impone che l'avviso di convocazione sia inviato a mezzo posta raccomandata, posta elettronica certificata (PEC), fax o consegna a mano. L'art. 66 disp. att. c.c. è una delle disposizioni citate dall'art. 72 disp. att. c.c. come NON DEROGABILE DAL REGOLAMENTO ciò comporta che il predetto articolo venga qualificato come norma imperativa, cioè cogente e non rientrante nella disponibilità delle parti, pertanto, sia in sede di Regolamento 'iniziale', sia in sede di modifica successiva, i condòmini potrebbero unicamente deliberare scegliendo UNA di queste quattro modalità, ma non potrebbero votare a favore di altra. Conseguentemente, anche laddove il condòmino richieda la convocazione a mezzo e - mail all'Amministratore, oppure qualora l'Assemblea adotti un Regolamento o una modifica allo stesso in tal senso, costui, da professionista quale deve essere, dovrà comunque procedere alla convocazione con una delle quattro modalità previste.

Risulta doveroso ricordare che la PEC inviata ad altra PEC ha il medesimo valore legale della Raccomandata A.R.; la PEC inviata ad indirizzo e - mail consta del contenuto dell'invio e della Ricevuta di Accettazione, similmente alla Raccomandata semplice. Ad avviso di chi scrive, o aderiamo ad un dato letterale ed asfittico, per cui si sostiene che l'art. 66 disp. att. c.c. parla di 'PEC' e che con ciò intende l'invio di un messaggio da una PEC ad altra PEC, oppure apriamo alla possibilità che la norma indichi i 4 mezzi tassativi avendo riguardo al loro valore, così che spetti agli operatori (all'Amministratore, ai condòmini) scegliere quali
Torna ai contenuti